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DESERT
DREAMS
di
Chiara Marcolin
© Nicoletta
Galante 2002
Walking in Anza
Borrego Desert State Park - California |
La
testa appoggiata al vetro del finestrino che lentamente si sbrina dal
soffio freddo del mattino, nelle cuffie ronza "Beautiful
day", gli occhi chiusi, la mente in un altro mondo...quanto
ho aspettato questo giorno, neppure io lo so, so solo che finalmente sto
arrivando, ed il deserto è lì, ormai a poche miglia, immobile ma sempre
in mutamento...
Mi risveglio dai miei pensieri, e già la strada non è più
com'era. Dritta, taglia la terra arancione e polverosa, i ciuffi di erba
diventano più radi, gialli e secchi, si intravedono i primi cactus
spinosi, che si stagliano nel cielo azzuro e calmo.
© Nicoletta
Galante 2002
Spinose
creature... una Opuntia "Teddy Bear Cholla" (Opuntia
Bigelowii) |
Dopo
un po' arriviamo al campo dove monteremo le tende, e con la nostra
euforia portiamo un po' di confusione in questo luogo solitamente isolato
e silenzioso. Lasciamo giù le nostre cose, e partiamo subito per
un'escursione, e qui comincia il primo vero approccio con il caldo secco
del deserto (che nonostante tutto non ci scoraggia a parlare e
parlare!).
La terra è aspra e polverosa, camminiamo a gruppetti staccati lungo una
pista appena segnata, perdendendo talvolta di vista il sentiero che si
arrampica su e giù per le irte rocciose, scompare dietro le rocce si
interrompe e poi riappare...provo a immaginare cosa succederebbe se
per caso ci perdessimo e non riuscissimo a tornare indietro... penso
che sia un problema che ci si pone spesso in questi luoghi... quanto tempo
potremmo resistere senza acqua e senza riparo per la
notte?
© Nicoletta
Galante 2002
L'affascinante
freschezza di un ruscello lungo il "Borrego Palm Canyon
Trail" |
Non
so quante possibilità di trovare coyote ci siano...e non so
quanto feroci possano essere.
Dopo quasi un'oretta di cammino, sento il rumore flebile di un
corso d'acqua.
In tre ci stacchiamo dal gruppo e andiamo a curiosare fuori
dal sentiero: un rivolo d'acqua limpida scivola tra le rocce
ed il suo percorso è segnato da macchie verdi d'erba e
cespugli.
E' incredibile come tutt'un tratto l'acqua appare così
dominante nello scenario del deserto.
Gioca un ruolo incredibile e, nelle rare volte in cui piove, i
semi che dormono sottoterra acquistano forza e rompono
la terra secca che assorbe acqua come un spugna assetata, per dare
spazio a scenari magici come possono essere quelli di un un deserto in fiore, che si rivela nel suo aspetto più
nascosto e sconosciuto a molti. |
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Risaliamo
il ruscello, che s'ingrossa e si trasforma in salti d'acqua e
cascate che raccolgono attorno a sé piccole oasi protette di palme e
arbusti verdi.
Quasi
come un prezioso smeraldo racchiuso tra le valli del deserto.
Di notte poi si trasforma e stupisce ancora - la temperatura
si abbassa notevolmente, con uno sbalzo termico che va dai 15°ai
20°C di differenza, e l'oscurità cala immobile sulle alture
e suoi abitanti - il Bighorn Sheep, il veloce Jackrabbit,
il famoso Roadrunner (non proprio come ce lo descrive Warner
Bros.!!) e l'elegante Tarantola. |
© Nicoletta
Galante 2002
Una
elegante (e timida) tarantola
incrocia il nostro cammino |
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Allora
si è proprio costretti a staccare gli occhi da terra e stare col naso
all'insù e, torcicollo permettendo, passiamo la notte accanto ad un
falò illuminati da migliaia di stelle luminosissime, che percorrendo
la Via Lattea rischiarano le ombre dei monti rocciosi; e contandole ci
dimentichiamo quanto siamo lontani da casa...
© Nicoletta
Galante 2002
La
sera, attorno al fuoco... |
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UNA
STUDENTESSA MONTEBELLUNESE A HILLTOP HIGH
di
Flavia Palese
© Nicoletta
Galante 2002
Chi
siamo, da dove veniamo, dove andiamo...? |
È
abbastanza normale svegliarsi alle sei del mattino e non realizzare di
essere dall'altra parte del mondo, e di dover affrontare una nuova
giornata americana e tutto ciò che questa comporta. Tutto va bene finché
una volta giù dal letto, constatato che quei due fari nel buio non sono
laser di alieni venuti da chissà dove, ma gli occhi di un gatto che ti
stanno intimando di lasciargli il letto prima che decida di vendicarsi sui
tuoi vestiti, ci si dirige in cucina. Con la mente stravolta, la faccia
inebetita del tipo "chi sono, che giorno è, perché mi trovo qui
qualunque posto questo sia" ecc., si raggiunge, se pur a passo lemme,
la tavola, dove attende una colazione a base di "waffles, butter and
syrup" (che, ve lo posso garantire, non è per niente male), latte e
cerali, pancakes, o per gli stomaci più forti burritos e fagioli… e
dopo la solita routine mattutina, si parte, in macchina naturalmente, e ci
si butta, con altri macchinoni, in un groviglio di strade a quattro
corsie, e dal finestrino si vede il risveglio di Chula Vista: l’apertura
delle file di fast food, le caffetterie all’opera, i negozi di ciambelle
che iniziano ad affollarsi di audaci che decidono di iniziare la giornata
con un’abbondante colazione, o chi, ancora sbadigliante, va a fare
jogging. Arrivati a scuola inizia l'avventura: qualche pulmino, di
quelli modello "Simpson", sosta davanti la scuola ed i primi
studenti si radunano nel grande cortile, cosí dopo aver sistemato le
proprie cose negli armadietti (che sono una gran comoditá), si ha il
tempo per l’ultima chiacchierata con gli amici prima del suono di una
strana campanella, che dà inizio, alle 7.30, al primo "period"
(la scuola americana divide l’orario scolastico in 6 periods, della
durata di un’ora ciascuno, più cinque minuti alla fine di ogni ora per
permettere agli studenti di cambiare aula, dieci minuti per la ricreazione
dopo la terza ora, e mezz’ora per il pranzo). Ancora cinque minuti per
sistemarsi, e poi segue il saluto alla bandiera (prima dell’inizio delle
lezioni, gli studenti si alzano in piedi rivolti verso la bandiera –
presente in ogni aula – e recitano il saluto).
Ma
come funziona, più o meno, il sistema scolastico americano?
Quelle
che da noi sono le classi (I^ II^….) lì sono “grades”, 12
“grades” che partono dalla nostra prima elementare (I^ grade) fino
alla quarta superiore (XII^ ed ultimo “grade” con diploma).
Nella scuola superiore, gli studenti, nonostante cambino aula per le
lezioni di ogni diversa materia, si ritrovano sempre e comunque con altri
studenti del loro stesso “grade”; hanno tutti i giorni lo stesso
orario e quindi le medesime materie, fino alla fine del trimestre.
Le materie vengono scelte all’inizio dell’anno e cambiano ogni inizio
trimestre; le materie sono 6, di cui 3 obbligatorie per tutti (matematica,
inglese e storia americana) e le altre 3 a piacere.
Il fatto che siano rari i casi in cui gli studenti vengano bocciati, non
significa che la scuola superiore americana – se la si vuol fare
seriamente - sia meno dura di quella italiana. Come dappertutto, per
ottenere risultati che consentano di proseguire negli studi, bisogna avere
costanza e dedizione nello studio. La scuola italiana mi sembra più
difficile perché ci sono più materie, il programma affrontato è, nella
maggior parte dei casi, più ampio di quello americano, e viene affrontato
in meno tempo. Per quanto riguarda quello che succede una volta diplomati,
i ragazzi con cui abbiamo parlato ci hanno detto che circa la metà
sceglie di continuare gli studi mentre l’altra metà affronta il mondo
del lavoro. Al “college” però l’impegno richiesto è decisamente
superiore, per cui alla fine solo il 35% circa dei diplomati riesce a
completare gli studi, e, volendo, può accedere all’università per
l’ulteriore specializzazione. Il College copre più o meno le competenze
degli ultimi due anni della nostra scuola superiore e del primo anno della
nostra università, con un taglio professionalizzante.
Chi
sceglie di lavorare non sempre trova un lavoro che raggiunga le sue
aspettative, specie se non ha una preparazione adeguata, e non è quindi
raro che decida di riprendere gli studi.
L’orario
d’inizio delle lezioni viene rigorosamente rispettato: se qualcuno non
si presenta in orario in classe, viene automaticamente lasciato fuori
dalla porta, fino all’inizio dell’ora successivo. Ci sono aule
“dedicate” per le materie obbligatorie e per le materie a libera
scelta (e le materie sono parecchie: letteratura, danza, spagnolo,
italiano, tedesco, francese, cinese, giapponese, matematica, storia,
geografia, ed. fisica, latino, chimica, biologia, arte, falegnameria,
fisica, fotografia, animazione…) e sono stanze, né piccole né grandi,
che possono contenere all’incirca 30 persone; nelle aule c’è tutto il
materiale che serve per quella specifica materia (oltre a un televisore e
3-4 computer sempre presenti). Una cosa che abbiamo notato tutti è che
non è importante seguire la lezione, quanto esserepresenti: una volta
entrati in classe, stare attenti è facoltativo, puoi prepararti un panino
o truccarti (gli insegnanti non impediscono la distrazione purchè non
comprometta la tranquillità dello svolgimento della lezione) come puoi
anche – ovviamente – prestare attenzione e prendere diligentemente
appunti. Tutti alla fine dovranno affrontare dei test, e quindi dovranno
essere valutati, ma se questi risultati non interessano agli studenti,
possono fare a meno di seguire le lezioni. In ogni caso gli studenti, per
arrivare perlomeno al diploma, devono dimostrare che comunque hanno
frequentato ogni giorno le lezioni. Per quel che riguarda la parte che sta
dietro la cattedra, beh… a prescindere dal fatto che gli insegnanti sono
abbastanza diversi da quelli italiani… se ne vedono di tutti i tipi:
professori che raccontano storielle durante la lezione, o che si lasciano
dare pacche sulle spalle dagli alunni, con cui hanno un rapporto
confidenziale (si fanno chiamare per nome, o salutare come amici ecc.).
Appena finisce l'ora, tutti gli studenti (Hilltop High ne ha quasi
duemila) si buttano fuori dalla classe e si immergono negli enormi
corridoi all'aperto creando una confusione degna della Salerno-Reggio
Calabria all'ora di punta. Ma si hanno a disposizione solo 5 minuti per
sistemare i libri nell’armadietto, salutare il moroso o la morosa e
cambiare classe, dopo di che nella scuola ritorna la quiete, non si puó
più girovagare per il cortile (senza un pass), non si puó telefonare né
utilizzare i distributori automatici. Ed un po' tutte lezioni sono cosí,
e, anche se in Italia sembrerebbe strano, anche a novembre la porta
dell’aula è rigorosamente aperta, per carpire ogni singolo raggio di
sole, e i ventilatori sono accesi, per sopportare il caldo californiano...
. Alla fine della seconda ora, passa in “scuola visione”, per le
classi, un filmato (registrato ogni giorno) con tutti gli annunci per gli
studenti: incontri sportivi, feste ecc.. E poi, ancora il cambio dell'ora
e la confusione che si porta dietro.
Cosí continua fino alla fine della quinta ora, quando arriva l'agognato
momento del pranzo. Il pranzo é un ottimo e chiaro esempio di come ogni
singolo secondo di libertà, non deve essere sprecato.– una specie di
libera interpretazione del carpe diem -. Nel grande cortile, gli
studenti sono tutti in gruppetti (divisi soprattutto per etnia), e si
ascolta la musica, o semplicemente si chiacchiera.
© Nicoletta
Galante 2002
C'è
anche pizza! I can't believe it... |
A disposizione degli studenti
c’è una mensa scolastica. Se si decide di mangiare in mensa, l’ideale
sarebbe non far caso alla quantità di cibo che si introduce in bocca, e
trangugiare in fretta e furia tutto, cosicché si può lasciar libera la
sedia prima che qualcun altro te la porti via. infatti meno tempo impieghi
per il pranzo più puoi stare con gli amici, o comunque puoi lasciare che
i polmoni si riempiano della quantità necessaria di ossigeno per
sopportare l’ultima, agognata, ora di scuola. |
Vorrei aggiungere
che un'altra differenza con la scuola italiana è l'importanza che gli
americani danno allo sport nelle scuole.
Questa scuola, ad
esempio, ha diverse squadre: football, wrestling, hockey, calcio,
pallanuoto, basket, corsa campestre, hockey, softball..., e
organizzano almeno un incontro a settimana con squadre di altre
scuole, come in una specie di campionato. Il giorno dell’incontro
gli atleti vengono a scuola vestiti con la divisa della loro
squadra, e, da quel che si vede, appartenere ad una squadra
(soprattutto appartenere alla squadra di football) dà un tocco di
celebrità.
Ogni squadra ha poi un gruppo di
cheerleaders come sostegno: un gruppo di ragazze che con acrobazie, pon
pon e cantilene, ha il compito di incitare la squadra e di riscaldare il
pubblico durante la partita.
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© Nicoletta
Galante 2002
Le
squadre della scuola in allenamento |
Ogni squadra di ogni sport ha un gruppo
proprio di cheerleaders, ognuno con la propria divisa.
Concludendo,
reputo questa esperienza molto istruttiva, ed in alcuni casi abbastanza
divertente. Non posso azzardare nè altri paragoni con la scuola italiana,
perchè penso che come sistemi e organizzazione rimangano due mondi
diversi, nè stabilire quale delle due sia la soluzione migliore; penso,
comunque, che per certi aspetti la scuola italiana dovrebbe imitare quella
americana (come ad esempio, poter scegliere le materie penso che
migliorerebbe il rendimento generale degli studenti italiani), anche se in
un paese come la California, viene voglia perfino di andare a scuola...
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VITE
DI EMIGRANTI: UNA STORIA
di
Daniela Fabris
© Nicoletta
Galante 2002
Daniela
e Karla a Old S. Diego |
Domenica
17 Novembre 2002 alle ore 5.30 di mattina, stretta in quell’abbraccio,
capii che tutto stava finendo.
Stava finendo quell'esperienza stupenda, quei quindici giorni da sogno
trascorsi in California; istruttivi, certo, e non solo dal punto di vista
scolastico (ossia "conoscere una cultura diversa dalla nostra e
migliorare una lingua straniera"), ma soprattutto da quello dei
rapporti umani.
Sì, stava finendo tutto, ma io da quell'abbraccio non mi sono mai sciolta
e seduta in quel "seat 28C" del volo DL900 tra le lacrime dei
miei compagni, la tristezza, quel vuoto dentro, cercavo di ricordare ogni
piccolo particolare di quei giorni .
Quei posti stupendi, le palme, l'oceano, quelle persone meravigliose,
gentili, calorose, premurose, per la maggior parte
messicane....messicane!? Sì, perchè San Diego, seconda patria della 4F
di questo istituto, è una città a circa 20 minuti dal confine con il
Messico, che molti messicani decidono di oltrepassare definitivamente per
vivere nella "tranquillità" degli USA.
Perchè tranquillità? Beh, sinceramente neanch'io prima di partire
avrei mai associato la parola tranquillità all'idea di Stati Uniti
d'America!
Dovete sapere che io, abitando in una famiglia messicana, ho avuto modo di
osservare le loro abitudini e.....chiedendo, anche di conoscere la loro
storia. Fino a tre anni fa abitavano tutti e cinque a Tijuana (o Tj come
piace chiamarla a loro) nella loro casa, parlando la loro lingua madre,
felici e sereni...... o quasi!
Papà Guillermo lavorava da 16 anni negli Stati Uniti. Da 16 anni partiva
alle 5.30 da Tj per andare al lavoro dall'altra parte del confine.... non
tanto perchè volesse essere il primo ad arrivare sul posto di lavoro, ma
perchè alla dogana c'era una coda tale da bloccare il traffico, dovuta al
controllo minuzioso dei passaporti.
Da 16 anni faceva l'imbianchino, di certo non un lavoro dei più facili, e
da 16 anni faceva una coda quotidiana di circa 45 minuti per rientrare in
Messico e arrivare a casa alle 18.37. Da 16 anni una vita abbastanza
stressante, anche per un giovanotto come lui.... a quarantun anni si è
ancora giovani, ma questo era davvero troppo!
Poi però, come si dice, dietro ad un "grande uomo" c'è sempre
una "grande donna" e mamma Diana era una di queste, ed il primo
a dirlo era papà Memo! Comunque, i suoi giorni erano tutti uguali e
faticosi ma lui non era molto entusiasta all’idea di andare a vivere
negli States. Non voleva lasciare il Messico, allora, ma ora che ha fatto
il grande passo non vuole più ritornarci a vivere.
Traslocarono in appena 4 giorni a causa di certi problemi con i permessi,
e non si pentono di averlo fatto! Io, tanto per curiosità, chiesi la
motivazione di questo non-pentimento...... e qui ne uscirono delle belle,
ognuno dei miei familiari messicani mi raccontò dei piccoli fattucci che
accadono di solito a Tj, giusto per aiutarmi ad immaginare la vita in
questa città.
©
Nicoletta Galante 2002
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A
passeggio per Tijuana |
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-"A
Tj le persone guardano le macchine" disse la mia ospite.... io non
capivo finchè non
aggiunse: " A Tj le persone guardano le macchine e poi come per magia
le macchine spariscono! Qui negli States non si ha tutta questa paura, c'è
la polizia che sta sempre a pattugliare le strade! ". Afferrato il
concetto?
-"A Tj mettiamo che oggi passi col rosso ad un semaforo, un
poliziotto ti ferma, ti fa una multa, tu la paghi e il giorno dopo nessuno
si ricorda più nulla di quello che è successo ieri" diceva papà
Memo.
-"A Tj se uno si vuole ascoltare la musica a tutto volume fino alle
tre di notte, lo fa senza problemi, e se qualcuno ha qualcosa in contrario
la cosa si chiarisce faccia a faccia. Qui è differente, dopo le dieci
tutto tace e se qualcuno sgarra i vicini non si fanno alcun problema a
chiamare una volante che puntualmente interviene per ripristinare le
quiete. Inoltre, qui durante la settimana c'è il coprifuoco per i
minorenni alle 10 di sera - raccontava la mamma con una faccia
soddisfatta, in contrasto con la sofferenza che traspariva dai voti delle
mie tre sorelle - e se per caso (possibilità molto remota perchè in
America si rispettano molto le leggi) una pattuglia trova un minorenne da
solo per strada dopo il coprifuoco, lo prega di salire in macchina e si
preoccupa di accompagnarlo a casa."
Il loro sogno è quello di chiudere con il passato, vendere la casa che
hanno in Messico, e comprarne una nuova qui.
Per finire, quello che a loro piaceva di Tj era la vita “sollazzosa”,
allietata da festicciole e da un'intensa vita sociale; ma, guardando al
futuro, specialmente a quello delle mie tre sorelle, negli States si hanno
più possibilità, si è più sicuri e "...se sei un bravo lavoratore
la gente non guarda se sei messicano o di qualunque altra nazionalità, ti
assume e basta".
Certo, anche se come sempre ci sono persone alle quali non piacciono i
messicani "....la discriminazione è ovunque, a certe persone non
piacciono i messicani, ad altre i musulmani, ad altre ancora gli italiani,
magari!" questo pensava la mia ospite Melissa!!
Comunque se a qualcuno non piacciono i messicani, sarò lieta di fargli
cambiare idea, sono persone meravigliose che hanno reso questa esperienza
una favola, grazie anche a tutti quelli che l'hanno resa possibile!
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